Trombofilia Esami Coagulazione Livello

Trombofilia: Esami coagulativi di I, II e III livello

Dallo screening alla predisposizione genetica vediamo insieme nel dettaglio quali sono i test coagulativi di I, II
e III livello
.

Esami di I livello

I test coagulativi di primo livello rappresentano un primo screening di valutazione del processo coagulativo.

Essi vanno a valutare l’attività sia della via estrinseca della coagulazione (Tempo di Protrombina o PT) che di quella intrinseca (Tempo di tromboplastina parziale attivato o aPTT), l’attività del Fibrinogeno (substrato della coagulazione), l’attività della Antitrombina (principale inibitore fisiologico della coagulazione) e la presenza di D-Dimeri (marker del processo fibrinolitico che si innesca dopo attivazione del processo coagulativo).

Esami inclusi

Esami di II livello

I test coagulativi di secondo livello entrano ancora più nel dettaglio.

La Proteina C e la Proteina S sono normalmente presenti nel sangue e contribuiscono al processo di formazione dei coaguli sanguigni. Nel caso in cui le proteine C ed S non siano bilanciate o non funzionino in maniera adeguata, i coaguli possono formarsi in maniera incontrollata, portando ad un’eccessiva coagulazione (trombosi). Il test della Resistenza alla Proteina C Attivata (aPCR) può, a sua volta, evidenziare una variazione geneticamente determinata dal fattore V della coagulazione (fattore V di Leiden). L’omocisteina, infine, se presente nel sangue in quantità eccessiva sembra agire in modo diretto sull’adesività e sull’aggregazione delle piastrine, favorendo la formazione di trombi, oltre a comportarsi da pro-coagulante.

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Esami di III livello

Gli esami di terzo livello valutano la predisposizione genetica allo sviluppo di fenomeni trombociti.

Tali mutazioni posso essere di tipo ereditario e/o acquisito. Il Fattore V attivato è un cofattore essenziale per l’attivazione della protrombina (Fattore II) a trombina. La variante genetica R506Q (definita variante di Leiden), causa una maggiore attività pro-coagulante del fattore V attivato, che predispone alla trombosi. Recentemente sono state individuate altre 2 mutazioni sul gene del Fattore V, la H1299R e la Y1702C, che causano un ulteriore aumento del rischio trombotico, se contemporaneamente è presente la mutazione fattore V di Leiden.

La Protrombina (o Fattore II della coagulazione) svolge ruolo fondamentale nella cascata coagulativa, in quanto la sua attivazione in trombina porta alla trasformazione del fibrinogeno in fibrina e quindi alla formazione del coagulo.  La variante genetica G20210A è associata ad elevati livelli di protrombina funzionale nel plasma e conseguente aumentato rischio di trombosi (specie di tipo venoso).

Il gene MTHFR, invece, è legato ad un enzima coinvolto nel metabolismo dell’omocisteina. Le varianti C677T e A1298C sono associate ad elevati livelli di omocisteina nel sangue, oggi considerati fattori di rischio per malattia vascolare, (trombosi arteriosa). Il gene PAI-1 è un inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI-1) ed è il maggiore inibitore del sistema fibrinolitico. La variante 4G è associata ad incrementati livelli di questo inibitore e pertanto ad una minore attività fibrinolitica. Individui omozigoti per questa variante (4G/4G) presentano un aumento del rischio cardiovascolare.

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Cita l'articolo
Manganiello E. Trombofilia: Esami coagulativi di I, II e III livello [Internet]. 2021 Mag [cited 2024 Nov 23]. Available from: https://www.guarinolab.it/blog/trombofilia-esami-coagulativi-di-i-ii-e-iii-livello/